Cena, La
di Herman Koch (2010)
E’ sempre rischioso ambientare una narrazione in un lasso di tempo circoscritto, specie se è corto. Un giorno, un’ora, la durata di una partita o di un pasto al ristorante (come in questo romanzo). E’ rischioso perché un lettore medio non ci è abituato, e aumentano in lui le aspettative. E quando qualcuno non si aspetta qualcosa, accampa pretese. Chi si crede di essere questo scrittore, che vuole far rientrare quasi trecento pagine di romanzo all’interno di una cena? Herman Koch ci è riuscito. Scrittore olandese, ma anche autore televisivo e giornalista, ha deciso di raccontarci un sacco di cose nell’arco di tempo di una cena in ristorante. Questo gli ha permesso di scandire i capitoli del romanzo con le varie parti della cena: Aperitivo, Antipasti, Primi e Secondi piatti, Digestivo e Mancia. La cornice quindi è molto semplice. Il protagonista e sua moglie, si incontrano con il fratello e la rispettiva moglie in un ristorante di lusso, per parlare dei loro figli. I loro pargoli hanno combinato qualcosa. E a quanto pare è qualcosa di grave. Veniamo a conoscenza dell’accaduto insieme al protagonista, che interroga il figlio svogliato e indaga per conto suo. Nonostante l’ambientazione limitata, viene dato spazio a flashback e a divagazioni che sembrano inutili, ma che infine riconducono all’oggetto di discussione della cena. Il romanzo sembra voler mettere l’accento anche su questioni delicate. Una di queste è sicuramente il rapporto padre-figlio nel XXI secolo. E’ come se il protagonista facesse un esame di coscienza, raccontando vari aneddoti sul suo rapporto educativo con il figlio. Importantissimo è l’equilibrio della famiglia, l’ideale di una famiglia felice, che ci viene presentato ossessivamente a causa delle sue insicurezze e instabilità mentali. Sì, purtroppo li nostro protagonista ha avuto un crollo nervoso e problemi psicologici che gli sono costati il posto di lavoro. Con un umorismo volutamente spicciolo e a volte nero, il protagonista ci mette al corrente dei suoi metodi educativi e del suo rapporto col prossimo, soprattutto se questo prossimo si pone fra lui e la sua famiglia. Il protagonista si rispecchia perfettamente nella mentalità di uno status sociale medio. Non stupisce quindi che possa risultare antipatico. Per quanto si possano condividere o meno i suoi metodi di educazione e di relazione, ci pone davanti a quell’insano cinismo e quel sadismo che permeano così tanto la società odierna, e che invece noi tendiamo a nascondere. E’ un romanzo che parla anche di quotidianità. Molte riflessioni scaturiscono da banalità, presenti nella normale routine quotidiana, ma che non hanno alcuna velleità morale, e anzi si pongono agli antipodi del diffuso “buonismo”. Anzi, vogliono essere così trasparenti perché fanno da specchio a ciò che noi vorremmo negare, il nostro lato malvagio. Forse alcune divagazioni sembrano fatte apposta per allungare il brodo (visto che siamo in tema mangereccio), ma il risultato è ottimo. Un romanzo pronto a far rivalutare vostra moglie, vostro figlio e vostro fratello, ma anche la società tutta. Dopo aver letto questo romanzo forse nessuno vorrà più uscire a cena in famiglia, ma non preoccupatevi perché……Oh, scusate, è arrivato il conto.
GIUDIZIO: WW 1/2
Quando ho sentito parlare di questo libro, inizialmente pensavo fosse quello che ha ispirato Polanski a dirigere Carnage (che invece era un'opera teatrale di Yasmina Reza). Per due ragioni: il tempo circoscritto, ovvero, tutto ruota intorno all'incontro di due coppie di genitori; e il fatto che i genitori si incontrassero per parlare di un misfatto accaduto fra i loro figli. Perciò, se Polanski ha ancora voglia di battere su questo tasto, gli consiglierei sicuramente di leggere questo romanzo!
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