Middlesex
di Jeffrey Eugenides (2004)
Sono nato due volte: bambina, la prima, un giorno di gennaio del 1960 in una Detrit straordinariamente priva di smog, e maschio adolescente, la seconda, nell'agosto del 1974, al pronto soccorso di Petoskey, nal Michigan... Così comincia Middlesex (edito Mondadori), valso a Eugenides il premio Pulitzer nel 2003. A raccontare in prima persona la saga di famiglia - dai primi anni '20 fino alla metà degli anni '70 - è Cal Stephanides, al secolo Calliope, vittima di una rarissima forma di ermafroditismo causata da un gene misterioso. E proprio per far luce su come questo gene abbia attraversato svariate generazioni di Stephanides, finendo per scatenarsi nel suo organismo, l'ormai quarantenne Cal si imbarca in un lungo viaggio sulle onde della memoria. Salpando dalle coste della Turchia ottomana - incalzato dalle persecuzioni a danni della popolazione greca - il racconto segue la fuga verso la libertà di Desdemona e Lefty Stephanides, i nonni di Cal, il loro approdo sulle coste newyorkesi durante il proibizionismo, la scelta di Detroit come loro dimora. Un viaggio che continua per ancora altri quattro decenni,attraverso una guerra mondiale, due figli, il Vietnam, tre nipoti, i conflitti razziali, il coronamento del sogno americano targato Stephanides, il Watergate... Planando sulle creste di questa piena di ricordi arriviamo alle vicende di Calliope, al suo universo femminile che - durante la pubertà - implode in un Big Bang devastante, dando origine ad un nuovo essere umano che, rinnegando il passato ma non se stesso, deciderà di accondiscendere alla propria natura e di vivere il resto dei suoi giorni rinunciando alla propria identità passata. Un romanzo - nella versione Oscar - di ben 600 pagine che fotografa oltre mezzo secolo di vita americana con una precisione straordinaria, soprattutto perchè raccontata con gli occhi di un osservatore esterno: l'immigrato. Bello, ma eccessivamente lungo, Middlesex è di facile lettura grazie ad una prosa scorrevole e a tratti anche piuttosto divertente, ma paga almeno mezzo voto nel giudizio finale proprio a causa della sua prolissità. Un romanzo da non perdere per chi ama le grandi saghe familiari in stile La ballata di Miss Fortune di Wesley Stace. Metamorfico.
GIUDIZIO: WW
Tradurre in film Middlesex richiederebbe come minimo tre ore di durata... e forse non sarebbe sufficiente. Alla regia sarebbe perfetta Nia Vardalos, protagonista della versione cinematografica de Il mio grasso grosso matrimonio greco (oltre che autrice, sceneggiatrice e regista dell'omonima versione teatrale cui il film s'è ispirato).
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