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Mal di pietre
di Milena Agus (2006)
Osannato in Francia con la solita - spesso eccessiva - enfasi transalpina quando si tratta di esaltare talenti italici snobbati in patria, questo racconto lungo/romanzo breve è riuscito alla fine a farsi notare anche da noi, creando evidentemene un forte senso di colpa nei giurati del premio Strega, che l'hanno addirittura inserito nella cinquina finalista vinta a mani basse da Ammaniti. E non stupisce che il controverso Come Dio comanda abbia sbancato il prestigioso concorso: se tutti i suoi contendenti erano sul livello dello scritto della Agus... Non voglio dire che Mal di pietre (edito Nottetempo) non sia carino, ben scritto, simpatico, ma davvero... nulla più!!! L'io narrante è l'autrice stessa, che ci immerge nelle campagne campidanesi del primo dopoguerra per narrare le vicende della sua adorata nonna. Dalla serena infanzia alla difficile adolescenza - ritmata da innamoramenti folli di un cuore fertile in un'arida terra cotta dal sole - dal marchio infame di matta del villaggio al matrimonio con un rifugiato in fuga dalla Cagliari devastata dai bombardamenti alleati del '43, dal trasferimento nel capoluogo isolano all'apprendimento delle più fantasiose arti amorose, la nonna intraprende un lungo viaggio alla ricerca della felicità, che nella sua scala di valore coincide con l'AMORE. La sua condanna, la sua dannazione, ciò che le causa continue interruzioni di gravidanza - il mal di pietre del titolo, i calcoli renali - sarà anche la chiave che le farà incontrare il vero, grande amore. Sarà infatti durante un viaggio in continente alla fine della Seconda Guerra Mondiale, per sottoporsi a delle cure termali, che incontrerà e si innamorerà perdutamente del Reduce, il cui ricordo brillerà nel suo cuore fino alla fine dei suoi giorni. Una sorta di Và dove ti porta il cuore alla campidanese, questo Mal di pietre ha la dignità di un bel racconto pur non essendo nè particolarmente originale, nè tantomeno - a mio modestissimo parere - scritto impeccabilmente... Sopravvalutato.
GIUDIZIO: W 1/2
Farne un film - come è già accaduto con Và dove ti porta il cuore - è impresa semplice. Importante è affidarlo ad un regista-sceneggiatore che sappia esaltare i sentimenti che nel romanzo restano - a mio parere - sempre un po'... evanescenti. La Comencini sarebbe ideale.
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Filippo Nembrini
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