Talento del dolore, Il
di Andrew Miller (2000)
Succede sempre più spesso che le buone idee, le trame originali fioriscano nella testa di diversi autori contemporaneamente, creando libri cloni. Coincidenza o contraffazione? Questo non è dato dirlo a noi, semplici e poveri lettori. Fatto sta che - dopo il già citato caso Ligabue/Piccolo - nel 2000 uscirono due libri praticamente fotocopia: da un lato il già recensito Il valletto di De Sade di Nikolaj Frobenius, dall'altro questo Il talento del dolore dell'inglese Andrew Miller. Le due trame, dalla scintilla che dà loro vita fino allo sviluppo avanzato delle vicende narrate, è straordinariamente speculare: qui assistiamo alle vicende di James Dyer, nato senza un vagito, senza una sola, singola lacrima nel settembre del 1739 nelle campagne inglesi. Il suo sguardo vacuo, la sua mancanza di reazione agli stimoli di gioia e dolore fanno subito pensare ad un caso di ritardo mentale e probabile morte precoce. Invece James cresce, impara a parlare ed emerge quale sia l'anomalia che lo colpisce: è incapace di provare dolore, sia esso fisico o morale, e di conseguenza anche di comprendere emozioni come l'amore o la pietà. Sebbene viva nell'epoca dei lumi, nell'era d'esaltazione della ragione, il suo sguardo gelido incute terrore in chi lo incrocia ed il suo atteggiamento sempre distaccato genera diffidenza in chiunque lo frequenti. Quando un'epidemia di vaiolo decima la sua famiglia ed il dolore delle perdite stronca il padre, James decide di abbandonare la propria casa e con essa anche l'unica sorella sopravvissuta, resa cieca dal morbo. Senza alcun rimorso inizia un lungo girovagare per l'Europa: dapprima diventando spontaneamente complice di un truffatore che, sfruttando le sue doti di insensibilità al dolore, spaccerà per pozione miracolosa un intruglio di acqua ed erbe; poi venendo accolto nella villa di un ricco e nobile signore londinese, che accudisce una sorta di corte dei miracoli raccattata per i vicoli più sudici della città. Grazie all'aiuto di questo benefattore James può studiare, l sua intelligenza appare fin da subito brillante e sopra alla media; l'assenza di freni inibitori nei confronti della sofferenza spalancano davanti a lui le porte di una fulgida carriera come chirurgo. Chi meglio di lui può avere mani salde davanti ad un arto da amputare? Chi può restare più freddo di lui di fronte alle più orrende ferite? Viene così introdotto ad un famoso chirurgo che lo prende con sè come apprendista: in breve tempo James va affermandosi sempre più come stimato chirurgo, guadagna soldi a palate, ma nel contempo sottrae senza remore la moglie e tutta la clientela al medico che l'ha lanciato nel firmamento della medicina londinese, portandolo al suicidio. Questa sua totale assenza di sensibilità porta alla forte contrapposizione tra lo stimato professionista e l'uomo diprezzato che in lui convivono, fino a che quest'ultimo prende il sopravvento nella percezione della gente, costringendo James ad abbandonare l'Inghilterra. La nuova meta è la Russia, per partecipare ad un concorso tra medici lanciato per vaccinare l'imperatrice Caterina: il viaggio è lungo e tortuoso, ma gli stenti ed il gelo non hanno alcun impatto sul dottor Dyer. Ciò che lo frena, lo blocca, gli sconvolge la vita è un incontro con una donna misteriosa, dolce e demoniaca al tempo stesso, che lo trascinerà in un universo del tutto sconosciuto: quello del dolore e dell'estasi della passione, delle pene e delle gioie d'amore. Due forze contrapposte, la spinta a restare con la donna e quella a raggiungere Mosca per una nuova, fulgida carriera, combattono in lui fino all'epilogo, la morte, che sopraggiunge quasi come sollievo da quell'improvvisa ed inattesa piena di sentimenti e sensazioni. Tra le braccia James non stringe nè un familiare, nè l'amata, ma un libro, I viaggi di Gulliver, simbolo di come la vita sia un viaggio alla scoperta di sempre nuovi territori, sia del mondo sia dell'anima. Come vedete molto simile come impostazione allo scritto di Frobenius, fatto che però non ha frenato il grande successo de Il talento del dolore (edito Bompiani) e lasciando aperte le porte ad una sua possibile trasposizione in chiave cinematogafica, in cui il volto di James Dyer potrebbe essere perfettamente incarnato dal grandissimo John Malkovic. Dolore sempre vivo!
GIUDIZIO: WW
Dopo questo esordio, Miller non ha saputo resistere alla tentazione di confrontarsi con un personaggio classico della letteratura ed ha dato alle stampe il buon Casanova innamorato.
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