Creed - My own prison
(1997)
Nei primi anni settanta nasce negli USA una corrente musicale che ha come obiettivo quello di contrapporsi al rock satanico: si tratta del Christian Rock, musica dura i cui testi inneggiavano alla grandezza ed alla benevolenza di Dio, con gruppi che dal vivo addirittura lanciavano Bibbie al pubblico... va beh... Nel corso degli anni quella corrente a modificato, com'è naturale, sia stile musicale sia l'attitude, raggiungendo il picco assoluto nel gruppo formato da questi 4 ragazzi della Florida. I Creed esordiscono col botto nel 1997 con My own prison, grazie ad un sound duro che in certe canzoni ricorda i defunti Stone Temple Pilot, una sonorità la cui eredità è stata raccolta recentemente con grande successo dai Nickleback. Atmosfere a tratti cupe, molto intimiste, sottolineate da testi che raccontano di travagli interiori, di battaglie perse con tentazioni e peccati, di corruzione, di un mondo avido e per nulla caritatevole, di redenzione ed unità. Ma c'è anche rabbia in questo disco, che si solleva con urla di denuncia come in Pity for a Dime, Illusion, Sister e In America, c'è anche melodia che fluisce dalle casse dello stereo come un balsamo per l'anima, come nella splendida One, nella commovente What's this life for o nell'autodafè che dà il titolo all'album, My own prison appunto. Un gran bel disco, il cui successo è stato a mio avviso immeritatamente bissato dai due album successivi - qualitativamente inferiori - prima dello scioglimento della line up. Perfetto, per atmosferiche e tematiche trattate, come colonna sonora del bel SE7EN di David Fincher. Alleluyeahhhhh!
GIUDIZIO: WWW
Dopo lo scioglimento del gruppo, tre membri su quattro - segato il vocalist Scott Stapp (che ha appena registrato un singolo dal nome Relearn Love) e sostituitolo con Myles Kennedy - si sono riuniti per dar vita agli Alter Bridge, nome con cui nel 2005 hanno dato alle stampe il bel One day remains.
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